domenica 28 agosto 2022

La parola al mare

Girare in bicicletta per Rimini è una delle prove dell'esistenza di Dio. È un'affermazione che si può applicare anche ad altri contesti, ma non per questo meno valida (iniziare a leggere un romanzo di Franzen è una prova dell'esistenza di Dio, svegliarmi la mattina con accanto Cinzia è una prova dell'esistenza di Dio, il caffè di questa mattina al Cabanabeach28 è stato una prova dell'esistenza di Dio, etc.). E così attraverso il parco in bicicletta dopo un pomeriggio alla tastiera e raggiungo, percorrendo il nuovo lungomare di Rimini, la ruota panoramica. Parcheggio la vecchia bici che ho acquistato usata diversi anni fa - e di cui quindi ignoro la vera età - e mi incammino sulla palata. Persone che corrono, camminano, monopattini. Chi pesca, chi guarda, barche che rientrano, chi va e chi viene. Il Rockisland sullo sfondo, un locale storico ma in cerca di una nuova identità. Scelgo il molo est, per la mia oretta di meditazione. Ho portato con me un libro di Luca Serianni, 'Prima lezione di grammatica', ma sono rapito ad podcast del Daily News che mi ha suggerito di seguire un amico. Non l'ho mai ascoltato, ma curiosando tra le varie puntate ne trovo una sul recente assassinio di Darya Dugina. Mentre in lingua inglese ascolto una storia ben raccontata, mi siedo sui blocchi frangiflutti, concentrandomi sulle parole che devo ancora sforzarmi di tradurre. A volte è più naturale, non mi accordo di ascoltare parole pronunciate in un'altra lingua. Stavolta sì. 

Spengo e prendo in mano Serianni. Attorno a me, chi legge e pesca, chi chiacchiera e si tiene per mano. Qualcuno scatta foto, selfie. Una ragazza incinta. Una ragazza straniera. Sono soprattutto le donne, annoto, a fotografarsi e a farsi fotografare.

La grammatica della lingua italiana, spiegata così profondamente e precisamente dal prof. Serianni, pur con le sue zone d'ombra e di flessibilità, mi delizia e riempie di meraviglia. Una barca passa in lontananza e la sua scia genera onde che vanno a sbattere con più forza sui massi frangiflutti e per la prima volta da quando sono arrivato, da quando mi sono seduto, sento il rumore del mare. E mi accorgo che ho ancora nelle orecchie le cuffiette, che hanno attutito i rumori esterni. Quando me le tolgo, la voce del mare mi arriva forte e chiara e mi ritrovo accovacciato, con una gamba ripiegata a terra e la testa sull'altra. Ci sono i granchi, non li avevo visti, sono scuri come le rocce su cui si muovono in diagonale alla ricerca del cibo. Le onde incalzano, forti, più forti. 

E mi rendo conto soltanto ora di dove mi trovo. 

Sono esattamente nel punto - io come tutti quelli che, come me, tengono lo sguardo rivolto verso il largo, l'Adriatico, le lontane invisibili coste della Croazia davanti a noi, che non si vedono, ma ci sono - sono esattamente nel punto in cui una barca a vela, il 18 aprile 2017, si è ribaltata in mare a causa di una tempesta. Lo scafo, preda delle correnti, è stato sbattuto contro gli scogli e quattro persone sono morte. Due sono quelli che si sono salvati, erano i meno esperti. I giornali del tempo lo avevano sottolineato e mi è rimasto in mente: a morire sono stati i più esperti, i lupi di mare. Soffocando o per gli urti. La paura, il sotto che diventa il sopra, le grida. È inimmaginabile capire, sentire cosa abbiamo provato in quei momenti. Disperazione, rabbia, dolore. Il pensiero per i propri cari. Il buio. L'acqua del mare che ti si stringe intorno, che ti spinge sotto. Correnti inarrestabili e in un attimo sei contro gli scogli, il tuo corpo che non è più il tuo, perché non lo puoi controllare. Inizio a pregare, per loro, per i morti. 

E arrivo alla notte tra il 13 e 14 gennaio 2012, dieci anni fa, quando la Costa Concordia naufragò al largo del Giglio - oggi Costa Crociere si è rifatta una verginità, è diventata MSC, un acronimo irrelabile alla tragedia, buono per sfuggire agli algoritmi, agli hashtag, alla memoria del Web, non a quella di chi è ancora in grado di ricordare. Non posso scordarmi di Williams e Dayana Arlotti perché le loro tombe sono a due passi da quella di mia suocera Jolanda, che è deceduta un paio di mesi dopo di loro. La tomba di Dayana è a forma di cuore rosa e in questi dieci anni è sempre rimasta piena di giochi, bambole. Una bambina per sempre. Aveva sei anni. Anche il padre è lì, accanto alla sua bambina. Le ricostruzioni di quella notte hanno raccontato che forse - forse - qualcuno incontrò i due che andavano in quella che, con il senno di poi, si era rivelata una direzione sbagliata. Padre e figlia sarebbero stati ripescati, nel ventre della nave, dopo qualche giorno. Un'altra disgrazia, evitabile, come l'altra. Là, nel Tirreno, un 'inchino' fuorilegge, con il capitano che abbandona la nave - oggi è in carcere; qui, davanti ai miei occhi, qualche anno più tardi, la spregiudicatezza di uscire in mare con previsioni incerte.

Sono perso in questi pensieri. Le profondità del mare mi ricordano i laghi lombardi della mia infanzia: scuri, bui, immediatamente neri per l'incapacità della luce di passare oltre. I fondali limacciosi e le storie di tutte quelle persone che, precipitate nelle acque del lago, sono morte affogate, dal freddo, dall'acqua pesante, molto più pensate di quella del mare. 

I flutti del mare si fanno sentire, a pochi metri da me e la voce dei morti fluisce assieme a loro. Tutti i morti di tutti i tempi. In uno sciabordio leggero, senza dolore. Oggi l'orizzonte è piatto. I gabbiani si fanno trasportare su e giù dalle onde; riposano, in attesa forse che le barche rientrino al porto, e che i marinai gettino loro qualche pesciolino. Non ci sono che piccole increspature su cui si riflette la luce del sole che scende alle mie spalle. È un momento magico e sospeso. E mentre il tempo si ferma, penso a come sia bellissimo essere qui ad ascoltare la voce delle onde.

martedì 16 ottobre 2018

Quando si dice: coincidenza

Il 26 agosto 2017 sul Corriere della Sera, a pagina 25, nella sezione Cronache "Al mare d'agosto", Elvira Serra intervista Marco Missiroli, scrittore originario di Rimini. Il titolo del pezzo è: "I miei bomboloni e la nuova Rimini meno romagnola". Un testo nel quale l'autore di "Bianco" e "Atti osceni in luogo privato" rimestando nella cesta dei ricordi tirava fuori bomboloni, ombrelloni, giochi sulla spiaggia - amarcord - che hanno contraddistinto la sua infanzia sulla sabbia. E poi le due anime della città e come eravamo belli e giovani e puri. "Sono cresciuto giocando a carte al bar trai bagni numero 4 e 5. Eravamo semplici, in discoteca si andava per il rock non per lo sballo".

Mentre il quotidiano era in rotativa e la parole di Missiroli venivano stampate sulla carta, si consumava nella stessa notte tra il 25 e 26 agosto 2017 lo stupro perpetrato contro una turista polacca e un transessuale peruviano. Uno stupro brutale, di 'branco', che conquistò le prime pagine dei giornali nazionali. Una caccia all'uomo che portò in carcere quattro giovani.

La coincidenza è significativa?

Forse è venuto il tempo di puntare sul presente, impegnandosi. Che sia scrittore, giornalista, insegnante, educatore, politico, religioso. Chiunque abbia un ruolo 'sociale' può lasciare andare il passato e concentrarsi per migliorare il presente. Impiegare meglio il proprio tempo.

Ma questo è un compito che spetta a tutti, a chiunque faccia parte del 'genere umano'.